L’idea mi è venuta mentre facevo la doccia. Voi a cosa pensate quando fate la doccia? Santo Dio, io non riesco neanche a contarli i miei pensieri, sono più numerosi delle gocce d’acqua che scendono giù, e più veloci, e più inafferrabili.
Ma non divaghiamo. L’idea, dicevo, mi è venuta facendo la doccia. Inizio un blog. A che pro? Nessun pro, o forse centomila, o forse è solo uno, ma non so ancora dargli un nome. Intanto iniziamo, che già non è cosa da poco. E nel lasso di tempo che intercorre tra l’idea e il sedersi davanti al pc succede di tutto, ogni cosa dentro e fuori di me è pronta a farmi desistere dall’idea. Per prima cosa devo asciugarmi, vestirmi, pensare ai capelli; devo poi tenere a bada tutti “contro” che la mia testa continua a snocciolarmi mentre uso il phon; devo annientare la voce che mi ricorda l’evidente inutilità di questa impresa, mentre cerco l’ultimo pigiama pulito rimasto nell’armadio; devo scanzarmi per evitare le freccette che, troppo spesso, la mia tendenza alla perfezione mi scaglia addosso, finendo per “appendermi” come post-it sulla bacheca della mia vita. Tanti promemoria di “dovrei”, “potrei”, “vorrei”. Carini e colorati, quanto inutili, se restano attaccati al sughero per anni.
Sopravvivo ai numerosi attacchi, su tutti i fronti, e inizio a scrivere. Mi chiamano dall’altra stanza, hanno bisogno di me. “Un secondo e arrivo”, e penso: “perderò sicuramente il filo”. Ascolto paziente il mio interlocutore. “Possiamo parlarne più tardi, ti dispiace?”. Permesso accordato, torno alla tastiera. L’universo rema contro di me. Eppure stavolta non desisto. Supero anche i pop-up con le richieste di aggiornamento, l’avviso della scadenza del certificato SSL (posso risolvere dopo anche questo) e continuo, ma tu guarda, sono già al quarto paragrafo!
Nel suddetto paragrafo tento di illustrare il “manifesto programmatico” di questo blog, riassumibile nell’espressione “quello che voglio dire, oggi”. Va da sè che è impossibile, al momento, definire i temi che saranno trattati, perché non ho idea di cosa vorrò dire la prossima volta. E non ho idea neanche di quando sarà la prossima volta. Non aspettatevi insomma una regolarità (giuro che ho dovuto cercare su Google la traduzione di “consistency”): a quello lavoreremo più in là.
Da bambina avevo l’impressione che essere curiosa, amare tante attività diverse, interessarsi dei temi più disparati, avrebbe fatto di me una persona ricca, completa. Vaglielo a spiegare a quella bimba tutti occhi nocciola che a un certo punto si sarebbe incasinata talmente tanto da non capire più, di tutte queste cose, quale sarebbe stata la più importante, o almeno, la più utile alla sopravvivenza. A un certo punto ha dovuto farla, questa scelta, però oggi continua a guardarsi intorno (o a guardarsi dentro?) e a sognare di essere un pezzetto di tutte quelle versioni di sè. Infondo, in questo momento, non sto alimentando la mia versione “scrittrice”?
Il sito c’è già, dismesso dai suoi precedenti panni. Devo solo “spolverarlo” e fargli prendere un po’ d’aria, come le case inabitate da tempo. Lanciamo questa bottiglia nel mare delle parole digitali, vediamo un po’ che succede.
C.